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Cavalli portoghesi

lunedì 19 novembre 2007

Caprilli e il metodo naturale d'equitazione

In tutte le epoche si era saltato in guerra(addirittura in Senofonte si cita come addestrare un cavallo a saltare !) e nelle cacce, ma è alla fine del XIX sec. che i cavalieri iniziano progressivamente a studiare la tecnica del cavallo sul salto e l’addestramento a questa disciplina. Seguendo questa tendenza un giovane ufficiale della Cavalleria Italiana, Federico Caprilli (1868-1907), compì un’autentica rivoluzione: inaugura l’epoca dell’equitazione sportiva di salto. Fino ad allora lo stile del cavaliere sul salto non era funzionale: i cavalieri staffati troppo lunghi restavano seduti buttando il corpo indietro e spingendo in avanti le gambe, concedevano libertà di incollatura tenendo le redini lunghe, ma non mancavano di appendersi alla bocca del cavallo se l’equilibrio veniva a mancare.Devo dire che pero' alla tele vedo spesso dei saltatori di completo che saltano alcuni ostacoli in discesa ancora in questo modo...con uno squilibrio generale del cavallo...vabbè comunque tale modo di affrontare il salto portava ben presto i cavalli all’usura fisica e al disgusto per un tale esercizio. Caprilli intuì che al cavallo andava concessa l’indispensabile libertà di incollatura e di reni. In una serie di scritti frammentari codificò la tecnica e lo stile per concedere al cavallo questa duplice libertà: mise a punto un assetto che permettesse al cavaliere di accompagnare elasticamente il cavallo in tutte le variazioni del suo equilibrio e di seguirne con le mani la bocca nella distensione dell’incollatura prima del salto, durante il salto e dopo il salto, mantenendo con essa un leggero contatto anziché liberarla lasciando sfilare le redini o colpirla con uno strattone. La morte prematura impedì a Caprilli di scrivere il trattato di “equitazione naturale” (proprio perchè il cavallo saltava in modo naturale,come fa in natura)che avrebbe approfondito i vari aspetti del suo sistema.
Il successo degli ufficiali italiani nelle gare internazionali degli anni Venti convinse i cavalieri di tutto il mondo che almeno sul salto,si dovevano seguire i precetti di Caprilli.
Il metodo caprilliano mancava però di tutta quella pratica di lavoro in piano che ammorbidisce il cavallo rendendolo leggero e sottomesso e portò alla lunga ad un impoverimento tecnico dell’equitazione italiana che nel secondo dopoguerra raggiunse buoni risultati solo grazie al talento individuale di alcuni cavalieri, come i fratelli Piero e Raimondo D’Inzeo e Graziano Mancinelli. I più alti livelli agonistici nel salto vennero raggiunti da quelle nazioni che avevano saputo integrare gli insegnamenti di Caprilli con la tradizione equestre europea(ad esempio la -germania o la Francia) ossia assetto impeccabile sul salto e finezza e leggerezza degli aiuti tra un ostacolo e l’altro.
Anche dopo l’avvento dell’equitazione sportiva, ci sono state personalità di eccezione che hanno tentato di recuperare la ricchezza della tradizione e di trasmetterla con la pratica e le opere scritte. Tra questo va sicuramente ricordato il generale Decarpentry (1878-1956), considerato l’écuyer più sapiente della sua generazione, contribuì alla rivalorizzazione dei principi classici sia operando attivamente all’interno della Federazione Equestre Internazionale sia attraverso i suoi tattati (Equitation Acadèmique e Baucher et son école).