


Il successo degli ufficiali italiani nelle gare internazionali degli anni Venti convinse i cavalieri di tutto il mondo che almeno sul salto,si dovevano seguire i precetti di Caprilli.
Il metodo caprilliano mancava però di tutta quella pratica di lavoro in piano che ammorbidisce il cavallo rendendolo leggero e
sottomesso e portò alla lunga ad un impoverimento tecnico dell’equitazione italiana che nel secondo dopoguerra raggiunse buoni risultati solo grazie al talento individuale di alcuni cavalieri, come i fratelli Piero e Raimondo D’Inzeo e Graziano Mancinelli. I più alti livelli agonistici nel salto vennero raggiunti da quelle nazioni che avevano saputo integrare gli insegnamenti di Caprilli con la tradizione equestre europea(ad esempio la -germania o la Francia) ossia assetto impeccabile sul salto e finezza e leggerezza degli aiuti tra un ostacolo e l’altro.
Anche dopo l’avvento dell’equitazione sportiva, ci sono state personalità di eccezione che hanno tentato di recuperare la ricchezza della tradizione e di trasmetterla con la pratica e le opere scritte. Tra questo va sicuramente ricordato il generale Decarpentry (1878-1956), considerato l’écuyer più sapiente della sua generazione, contribuì alla rivalorizzazione dei principi classici sia operando attivamente all’interno della Federazione Equestre Internazionale sia attraverso i suoi tattati (Equitation Acadèmique e Baucher et son école).

Anche dopo l’avvento dell’equitazione sportiva, ci sono state personalità di eccezione che hanno tentato di recuperare la ricchezza della tradizione e di trasmetterla con la pratica e le opere scritte. Tra questo va sicuramente ricordato il generale Decarpentry (1878-1956), considerato l’écuyer più sapiente della sua generazione, contribuì alla rivalorizzazione dei principi classici sia operando attivamente all’interno della Federazione Equestre Internazionale sia attraverso i suoi tattati (Equitation Acadèmique e Baucher et son école).