Foto della settimana

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Cavalli portoghesi

mercoledì 6 febbraio 2008

Nel pascolo si possono incontrare molte piante pericolose per il nostro amico cavallo e a volte piccole quantità possono essere letali. Di solito per istinto l’animale sa distinguere gli alimenti dannosi da quello “buoni”, questo però nei cavalli “da box” può non avvenire, perché inesperti rispetto al mondo che li circonda e privati di una parte del loro istinto.
I componenti chimici solitamente contenuti sono gli alcaloidi (provocano alterazioni nel sistema nervoso), le anime e i polipeptidi (causano sete intensa, dilatazione della pupilla, vertigini, delirio, convulsione e morte dopo il collasso), i glucosidi (comportano lesioni irreversibili alla catena respiratoria e portano alla morte i pochi minuti o poche ore), le resine (producono irritazione ai tessuti nervosi, riducono la coagulazione del sangue, nefriti, avitaminosi e alterazioni della tiroide).

Le erbe più dannose sono:
Adonide: diffusa in prati e pascoli e infestate dei cereali. I semi se ingeriti provocano disturbi gastrici ed emoglobinuria.
Amaranto: pianta vigorosa tardo primaverile-estiva, molto diffusa, responsabile di disturbi nervosi, insufficienza renale, nefriti.
Avena: se contaminata dal fungo che provoca il carbone, inducono convulsioni e paralisi. Si hanno dei danni anche se l’avena proviene da campi concimati con azoto.
Barbabietola: quella da zucchero, come le varietà spontanee, può essere dannosa per un eccesso di nitrati e ossalati.
Bosso e ligustro: usati per comporre le siepi, contengono alcaloidi tossici.
Cicerchia: altamente tossica, produce lesioni al sistema nervoso, ipereccitabilità, convulsioni, paralisi e infine la morte
Cicuta: ombrellifera dall’infiorescenza biancastra, fu fatale a Socrate, colpisce il sistema nervoso centrale, provoca convulsioni violente, salivazioni e forti dolori addominali.
Coda cavallina: diffusa nei terreni umidi, demolisce la vitamina B. il cavallo presenta debolezza nel quarto posteriore, difficoltà di movimento, tremori, nervosismo, rifiuto del cibo, dopo somministrazione prolungata provoca rigidità muscolare e opacità cornea.
Erba cipressina ed erba calenzuola: lesionano il tratto gastro intestinale. Una quantità relativa può provocare collassi e morte.
Erba medica: se somministrata nelle dosi adeguate non è dannosa, ma in grande quantità provoca fotosensibilità.
Faggio: i suoi frutti causano dolori addominali intensi, convulsioni, tetanosimili e nei casi peggiori morte per asfissia.
Farinaccio: infestante diffusissima, tardo primaverile, provoca più o meno gli stessi disturbi della barbabietola.
Felce: diffusa in pascoli montani e terreni disboscati. Provoca la carenza di vitamina B, perdita di peso, letargismo, tremore e difficoltà nello stare in piedi, anoressia, disfunzioni cardiache anche letali. Perché il foraggio sia dannoso ne deve contenere il 20% ed essere somministrato per un lungo periodo.
Gigaro: fiorisce all’inizio della primavera nei boschi. In grandi quantità provoca il collasso.
Finestrino: dannoso per il suo contenuto di cianogenetici.
Mais: diventa dannoso se assorbe dal terreno eccessive quantità di nitrati, provocando così debolezza, dispnea, febbre e tosse.
Loglio: i suoi semi se infettati da un fungo provoca apatia, stordimento, vertigini, diarrea.
Lino: i semi di lino se non vengono “almeno” mischiati ad acqua sono altamente velenosi perché le loro proprietà non si disperdono nel pastone.
Malva: caratterizzata da fiori violacei, provoca forti tremori muscolari e prostrazione.
Mercurella: molto diffusa e dalle piccole esiorescenze giallastre, è responsabile di diarrea, ematuria e anemia.
Mililoto: si manifesta con gonfiori sottocutanei (emorragie locali) ed emorragie interne anche letali.
Napello: infestante dei pascoli montani, altamente pericoloso. L’avvelenamento e rapido, la morte arriva in poche ore dall’ingestione, preceduta da debolezza, prostrazione, salivazione, irregolarità cardiaca e deglutizione stimolata.
Oleandro: tutti i suoi organi sono tossici. La dose letale nel cavallo è di 0,005%del loro peso, i sintomi consistono in: gastroenterite con compromissione cardiaca.
Pini e cipressi: i loro aghi se ingeriti ripetutamente possono provocare l’aborto.
Portulaca: pianta a portamento prostrato, con fiori di vari colori, sembra una pianta grassa, diffusa al centro sud in particolare. Contiene elevate quantità di ossalati.
Quercia: le foglie e le ghiande dopo l’ingestione portano inappetenza, diarrea con feci sanguinolente ed eccessiva orinazione.
Rafano: insieme ad altre piante della stessa famiglia come senape, cavoli e rape, possono provocare sindrome urinaria, turbe dell’apparato digerente e disturbi tiroidei.
Ranuncoli: erbacei annuali o perenni, dai fiori gialli, responsabili di salivazione, diarrea, dolori intestinali, eccitazione o depressione, talvolta letali.
Romici: di taglia evidente e cespitosi in prati e pascoli, su terreni sciolti ed acidi. Provocano depressione e prostrazione ed anche il decesso a causa della presenza di ossalati.
Setaria: per la sua asperità, in grandi quantità provoca lesioni ulcerose alla cavità orale.
Straminio: dai bellissimi fiori bianchi campanulati, contiene alcaloidi.
Tasso: detto pianta della morte, si tratta di una sempre verde. I cavalli ne sono molto sensibili. Ricca di alcaloidi, lesiona il sistema nervoso, rallenta la circolazione, causa depressione, gastroenterite e in casi estremi la morte.
Trifogli: se ingerito in grandi quantità causa fotosensibilità, gonfiori, rigidità nel portamento e diarrea.
Veccia: i semi di questa leguminose provocano, anche in piccole quantità, fotosensibiltà